Per un impianto che si occupa di riciclo della plastica, l’energia elettrica rappresenta circa il 35% del costo di lavorazione del materiale, per passare dal rifiuto alla materia prima seconda. Tutti gli impianti, da quelli di pre-trattamento a quelli di lavaggio, ma soprattutto le linee di estrusione che riportano il rifiuto plastico allo stato di granulo, sono infatti alimentati da energia elettrica, con un consumo medio di 0,9 kWh per ogni kg. di granulo prodotto.
Nel corso dell’ultimo anno, gli importi a carico delle aziende sono letteralmente lievitati, con buona pace del tanto decantato sostegno alle imprese della cosiddetta “green economy”; e quale economia può definirsi più verde di una che, partendo da un rifiuto, produce una nuova risorsa in grado di sostituire altre materie prime ad alto impatto ambientale e prodotte da fonti non rinnovabili?
Eppure, in un contesto economico tutt’altro che favorevole, il costo dell’energia elettrica nell’ultimo anno è aumentato per le imprese di riciclo, così come per tutto il comparto industriale, del 20%, dai circa 12 €cent/kWh del 2011 a 15 €cent/kWh nel 2012, diventando, per alcune realtà, una voce di costo che supera addirittura quella del personale.
Il libero mercato
Il libero mercato dell’energia elettrica, all’interno del quale si muovono la quasi totalità delle industrie, mettendo in gara diversi fornitori, riesce a incidere solo parzialmente sul costo complessivo della bolletta. Infatti, la parte oggetto della trattativa è il solo prezzo dell’energia attiva, che si applica ai reali consumi, maggiorati delle perdite di rete. Questa voce, che nel 2011 rappresentava circa il 60% dell’imponibile, ha visto la propria incidenza diminuire, a causa dell’aumento delle altre voci che compongono la fattura, assestandosi attualmente poco sopra il 50%.
In ogni caso, la trattativa condotta nel 2011 per le forniture 2012 ha avuto esiti tutt’altro che positivi, passando dai circa 6,9 €cent/kWh a circa 7,7 €cent/kWh (+10%). Per il 2013 la situazione, a trattative concluse, si preannuncia migliore, con importi che si aggirano sui 7,1 €cent/kWh (-7%), anche a fronte di una notevole contrazione dei consumi, dettata senza ombra di dubbio dalla crisi economica in atto, che ha comportato un surplus dell’offerta rispetto alla domanda.
Il sostegno delle rinnovabili
La logica di mercato sopra presentata, dove a fronte di minori consumi a parità di disponibilità si riescono a ottenere migliori condizioni di fornitura, purtroppo sembra non potersi applicare agli oneri aggiuntivi che le
aziende pagano mensilmente in bolletta. Eclatante il caso della cosiddetta “Componente A3”, ovvero la “componente di copertura alla promozione di produzione di energia da fonti rinnovabili”.
Questa parte viene definita in funzione del gettito complessivo da incassare a livello nazionale e delle previsioni di consumo, e viene conseguentemente spalmata in modo omogeneo sull’impiego di energia attiva da parte delle utenze. In sintesi, dovendo incassare 100, se diminuisce l’uso di energia, il singolo kWh dovrà essere “tassato” in misura maggiore, a discapito del sostegno alle imprese in difficoltà.
La sopracitata componente è stata oggetto di continui “rimaneggiamenti”, rigorosamente al rialzo, per tutto il 2012, con un aumento complessivo del 35%. Tradotto in cifre, considerando un gruppo di acquisto da 120 GWh annui (ovvero la dimensione media per poter avere un potere sufficiente sul libero mercato), nell’ultimo quadrimestre 2011 il “sostegno alle rinnovabili” sarà costato circa € 1.050.000, diventati € 1.200.000 nel primo quadrimestre 2012, € 1.600.000 nel secondo e € 1.650.000 nell’ultimo, per un totale di € 4.500.000 in un anno. Inutile dire che le notizie di impegni assunti dai dicasteri competenti relativamente a nuovi stanziamenti a “sostegno della green economy”, non possano che terrorizzare le imprese, consapevoli di quale sarà la fonte di tali importi: le proprie bollette dell’energia.
Sostegno alle rinnovabili?
Tutto ciò risulta ancora più grottesco quando a pagare pegno sono aziende che veramente hanno un impatto significativo su quegli obiettivi di sostenibilità ambientale, che la componente A3 si propone di finanziare. Parlando di emissioni di CO2, ovvero quelle emissioni che tutte le nazioni aderenti al Protocollo di Kyoto si sono impegnate a ridurre, anche grazie al sostegno alla produzione di energia da fonti rinnovabili, il riciclo del polietilene comporta, rispetto all’analoga produzione di polimero vergine, il risparmio di 1,3 tonnellate di CO2 per ogni tonnellata di granulo rigenerato prodotta. Producendo 1.000 tonnellate di materia prima seconda, se ne risparmiano 1.300 di emissioni climalteranti rispetto all’analoga produzione in vergine, ma si consumano circa 900 MWh, che significa un importo di € 37.500 a sostegno delle rinnovabili, rispetto ai € 25.000 del 2011.
Ma non è sufficiente per comprendere la complessità del quadro. Le emissioni del riciclo, in realtà, sono solo in minima parte legate a ciò che avviene all’interno dell’impianto, mentre derivano, per quasi il 90%, dalla produzione dell’energia elettrica consumata dagli impianti, che proviene, con riferimento al mix medio nazionale del 2011, solo per il 36,7% da fonti rinnovabili.
Ma ancora, all’interno di questo “sostegno alle rinnovabili”, si trovano anche gli oneri del quantomeno controverso meccanismo Cip6, nato nel 1992 per facilitare la costruzione di centrali elettriche da fonti verdi, e progressivamente dirottato su aiuti a produzioni che di verde hanno ben poco, dalla combustione di scarti petroliferi agli inceneritori di rifiuti.
Le imposte
Ultima nota dolente, il meccanismo delle imposte, che fino al 31.12.11 era suddiviso tra imposta erariale e addizionale provinciale, ha subito due variazioni nel 2012, la prima in vigore dal 01.01 al 31.05, e la seconda a partire dal 01.06. Prendendo come riferimento due utenze, una da 1.000.000 di kWh al mese, e una invece che superi 1.200.000 kWh, la prima pagava circa 5.000 €/mese nel 2011, diventati 12.100 €/mese fino a maggio (+ 144%), e ridimensionati a 8.500 €/mese da giugno (+ 71%). La seconda, invece, rispetto ai 1.860 €/mese del 2011, ha beneficiato di una esenzione totale dall’imposta fino a fine maggio, per passare dal 1° giugno a 7.320 €/mese (+ 294%).
In conclusione, un comparto energivoro come quello del riciclo oltre a doversi confrontare con i “normali” problemi di mercato, vede la propria principale voce di costo oggetto di continue variazioni, rigorosamente in aumento, senza avere nessuna voce in capitolo (come già detto, la trattativa di mercato riguarda la sola componente energia, circa metà fattura), e in gran parte per sostenere “rinnovabili” vere o presunte, senza alcun riconoscimento del proprio contributo in favore del raggiungimento di quegli obiettivi per cui sta pagando cifre da capogiro.
Viene da chiedersi come sia la situazione per i principali competitor europei, e come sia possibile che, di fatto, anziché creare le condizioni per un rilancio dell’economia, non si faccia che appesantire il fardello che grava, in modo chiaramente iniquo, sulle iniziative imprenditoriali.
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